C’è una serie animata che si chiama “Magic Knight Rayearth”. A citarlo così probabilmente reagirete dicendo che non sapete di che stia parlando, ma di sicuro siete tutti al corrente di quel motivetto che fa “Una porta socchiusa ai confine del sole che può aprirsi soltanto con un soffio d’amoreeee…”. O almeno, i miei coetanei capiranno.
Okay, mi frulla in testa questa sigla, anche se è passato diverso tempo da quando guardavo i cartoni in tv.
Perciò ho pensato di parlarvi di un tema che ha a che fare con le porte. Porte simboliche, ma anche concrete, perché un dato di realtà non fa mai male.
Questo argomento (antico e assurdo, come tutti quelli che amo) inizia con Callimaco: uno dei poeti greci più fighi, perché il primo, probabilmente, a parlare d’amore in poesia, in un tempo in cui andava di moda solo l’epica, quindi impresa mica facile.
Dopo di lui arrivano i latini che codificano la sua idea. In sintesi: copiano da lui e dai suoi seguaci per creare robe inaspettate.
Dunque, che c’entra la porta?
Sto solo prendendo tempo, perché il nome di questa tematica è ostico e inutilmente lungo: “paraclausithyron”.
Significa “piangere presso la porta” e, anche se pare strano, è un motivo letterario. In pratica in diverse opere di autori – che manco si sono conosciuti – succede sempre la stessa cosa: un tizio innamorato sta sveglio una notte intera a lamentarsi davanti a un porta sbarrata.
Dall’altra parte c’è l’amata che ovviamente non apre. Così lui si prende male. E chi non lo farebbe?
Non è sempre un’idea di lei quella di non girare la chiave nella toppa e di lasciare il poeta a piangere contro al legno. Magari lei ci starebbe anche, se potesse decidere.
Il problema è che, al di là della porta, c’è un “custos”, sì, una specie di portinaio: protettore e padrone e ci tiene a preservare l’onore della fanciulla. Quindi non apre neanche se lo ammazzano.
Così inizia un dialogo surreale tra amante e porta, che sembra una roba un po’ buffa, ma per gli elegiaci è invece una questione molto seria.
La porta è un ostacolo, ma anche un modo per immaginare ciò che preferisci.
Lo diceva pure Leopardi a proposito della siepe, almeno in quella fase del suo pensiero. La siepe, sì, rappresenta un impedimento, ma anche la possibilità per dare il via all’immaginazione, alle illusioni che sono preziose, perché sono l’unica consolazione per chi di solito vive male.

Ed è più o meno tramite lo stesso procedimento che allora l’amante deve solo ringraziare il “custos”, perché, senza la sua opposizione, il desiderio non sarebbe così forte, l’amore non sarebbe altrettanto passionale.
Catullo è il primo dei latini, come sempre, a lui seguono altri poeti che soffrono e sentono dunque il bisogno di scrivere d’amore, come Properzio, Tibullo e anche Ovidio.
Accade così che la “ianua”, ossia la porta, per quanto sembri strano, diventa vero e proprio personaggio di una vicenda amorosa. A volte è complice dell’innamorato, perché, come dicevo prima, ostacolo e dunque fonte di desideri, altre invece è strumento della crudeltà dell’amata che, diciamolo, alla fine attrae sempre. Ci piacciono gli stronzi e le stronze fin dal IV secolo a.C.
Devo dare un’opinione personale?
A parte mio padre che, quando mi chiama, mi chiede sempre se ho chiuso la porta di casa con due mandate, perché chissà chi può entrare… il tema della porta è per me molto affascinante, se lo guardiamo metaforicamente.
Forse le porte chiuse sono un po’ esagerate, perché non lasciano aria, né scampo. Quelle aperte sono troppo facili, non mi permettono di comprendere i miei desideri. Forse, per tornare al manga iniziale, sono meglio quelle socchiuse. Chissà che un giorno non si possano spalancare come nel famoso detto: quando si chiude una porta…

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