Quando una prof va in vacanza la riconosci subito, non solo perché è spesso accompagnata da un libro sottobraccio, ma soprattutto perché ti deve per forza fare una lezione su quel che ha visto in ferie, talvolta con tanto di slideshow di foto.
Le foto ve le risparmio, promesso, ma non mi sottraggo allo stereotipo e, da brava docente, vorrei raccontarvi la storia dell’isola di Santorini, in modo molto pop.
Non ci sono dubbi: Santorini è un posto di una tamarraggine inaudita.
Da Milano il volo è diretto e si atterra praticamente sulla spiaggia. Facile. L’abbiamo letto tutti, no? L’overtuorism rischia di rendere l’isola a numero chiuso. Santorini imballata di turisti.
Vero. Poco tempo fa ci sono stata anch’io, in una zona chiamata Akrotiri, lontana dalla movida e piena di storia di popoli di mare, nonché di movimenti geologici che l’hanno resa tragicamente famosa.
Tranquilli, non state leggendo un paragrafo della Lonely Planet, mi fa solo piacere condividere con voi, piccoli cuori, alcune cose che ho imparato durante questo viaggio.
Conosciamo tutti la società cretese (o minoica, per gli amici).
I Minoici sono i cuginetti dei Greci: popolo pacifico di marinai, adoratori di divinità legate al mondo della natura e con una strana passione per i tori. A questo proposito, vi ho già raccontato precedentemente dei casini del loro antico re Minosse e di quel disgraziato di suo figlio mezzo toro.
Una civiltà bellissima, indubbiamente. Vicina, però, ce n’era una altrettanto interessante che abitava sull’isola di Thera, l’odierna affollatissima Santorini.
Intanto il nome rinnovato è dovuto alla costruzione Sant’Erinni, dedicata a Santa Irene (tra l’altro “Eirene” in greco significa “pace”, coincidenze?). Insomma la gente, a forza di dire “Santa Irene, Sant’Erinni”, ha trasformato l’isola di Thera in “Santorini”.
L’appellativo non è la sola cosa ad essere cambiata rispetto ai giorni nostri, ma anche, e soprattutto, la conformazione morfologica dell’isola.
Ecco, ora mi dispiace non essere in classe davanti alla lavagna, perché in quel caso vi regalerei uno dei miei disegnini sghembi, tanto criptici per i miei studenti.
Vi basti dunque la descrizione: oggi Santorini ha più o meno la forma di una luna calante, con un altro asteroide sulla sinistra, o, se preferite, una bocca in procinto di mangiarsi un isolotto nell’Egeo.
Anticamente invece era composta da tre cerchi concentrici, lembi circolari di terra con in mezzo in mare: un luogo inespugnabile. Che poi, anche volendo, il popolo di quest’isola era così pacifico che non se lo cagava nessuno.
Un luogo remoto e misterioso, dunque, in cui la gente si faceva i cazzi propri.
Non è un caso se il filosofo Platone, parlando di una società ideale, descrive proprio quel luogo come la mitica, perduta “Atlantide”.
Atlantide è una leggenda a cui fanno cenno per primi gli Egizi.
Se sia mai esistito e dove questo posto fosse collocato è ancora oggi motivo di discussione: qualcuno lo posiziona in zona Colonne d’Ercole (stretto di Gibilterra), dove, un tempo, i più credevano finisse il mondo.
Altri dicono il Triangolo delle Bermuda, altri ancora il mar Nero.
Be’, come commentare? Tutto è possibile, soprattutto le prime due opzioni, dato che si tratta di luoghi lungamente discussi per i misteri a cui sono legati. Il terzo invece un po’ meno, perché le fonti sostengono che Atlantide si trovasse a ovest del mondo greco, mentre il mar Nero è irrimediabilmente collocato a est.
Comunque sia, la mia opinione, per quanto di parte e romantica, concorda con gli scritti di Platone che si appoggia al mistero di questo mito per parlare delle sue idee politiche e, in forma dialogica, usa Atlantide come modello perfetto di una società ideale.
Il mare, la pace, le taurocatapsie, che erano le danze con i tori, non le più violente tauromachie, dove gli animali finivano sempre male: un popolo del genere avrebbe potuto proliferare per sempre e insegnare qualcosa perfino a noi.
Ma, si sa, lo diceva anche Nelly Furtado, “All the good things comes to an end”, quindi nel 1646 a.C. un’eruzione vulcanica, della potenza di ottocento bombe atomiche, spazza via questa civiltà meravigliosa.
Si tratta di uno dei cataclismi più potenti della storia.
Il fenomeno cambia i connotati all’isola: sommerge e fa riemergere nei secoli dei pezzi di terra.

Cammino sulle pendici di un vulcano e su uno di questi isolotti, mangiati e risputati fuori dal mare, mentre penso a queste cose. E questo mi fa sentire privilegiata, come il primo uomo sulla luna.
Spiros, la nostra guida, ci fa sapere che questo vulcano su cui passeggiamo è ancora attivo e, dunque, potrebbe eruttare di nuovo. Non si sa, forse tra duecento anni, forse tra due minuti.
Nell’ultimo caso per noi turisti accaldati non ci sarebbe scampo, ma la protezione civile di Santorini, per quell’evenienza, possiede un attento piano di evacuazione.
Stessa cosa non si può dire per i cittadini ideali di Thera, che, non solo non avevano un cazzo di piano, ma letteralmente non hanno avuto il tempo di muoversi. Sì, una specie di Pompei ed Ercolano ellenica.
Nel giro di pochissimo tempo, l’eruzione ha dato origine a un maremoto: onde, a duecento km all’ora, in venti minuti, hanno raggiunto anche la vicina Creta.
Vi dico solo che oggi, con i mezzi che abbiamo, dal porto di Fira, per raggiungere Creta ci vogliono due ore di navigazione e, tra l’altro, ogni giorno i traghetti non partono prima delle 16. Mistero.
Fatto sta che non è facile raggiungere Creta, mentre allora la potenza del fuoco e del mare ha viaggiato ad una velocità che noi non immaginiamo neanche.
Pure il crollo della società cretese è legato a diverse teorie, la più accreditata e che siano stati fortemente danneggiati da una catastrofe naturale e dunque conquistati dai Micenei (detti anche Achei, i primi veri greci, insomma).
Ogni mattina, ad Akrotiri, mi sono alzata con una vista magnifica e mi sono goduta le scramble eggs della nostra host Galinia, ma non mi sono mai dimenticata che mi trovavo nel sito più antico dell’Atlantide perduta. E ne ho le prove: sono stata in mezzo agli scavi archeologici, ho camminato sulle rocce nere di esplosioni antiche e ho pure visto un cesso dei tempi che furono.
Il punto è che, anche quando siamo immersi nella movida di Santorini, anche quando balliamo una canzone tamarra bevendo un gintonic, stiamo danzando sul fuoco, sulla pace, sugli ideali perduti, su uno dei posti più affascinanti dell’antichità.

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