Una parte del mio lavoro consiste nell’analisi del testo. E che palle, direte. Okay, ammetto che non è l’attività che vi consiglio per passare il sabato sera, ma è comunque gratificante, specie se si applica a testi mai analizzati prima (o quasi).
In particolare, vi confesso, amo smembrare canzoni, del resto le canzoni sono la poesia del nostro tempo e, anche se tutt’ora esistono poeti molto validi, per carità, credo che per eleggere un Dante o un Leopardi contemporaneo, dovremmo cercarlo proprio nella musica.
Okay, io di musica capisco poco, sono stonatissima e i miei tentativi di suonare uno strumento si sono sempre rivelati tragici e fallimentari, ma ne so di musicalità, che è diverso, fa parte del ritmo, dell’essenza della poesia.
Dunque, bando alle ciance, il testo che voglio analizzare oggi si chiama “Frequenze” e gli autori sono I FORI IMPERIALI, un gruppo elettro-pop che, in questa occasione, canta con la collaborazione di Naomis, la pop star in carrozzina.
Se non avete mai sentito parlare di loro, non importa, il merito di un testo poetico non dipende dalla quantità di like ricevuti (e ve lo dice una sempre a caccia di like), ma dal valore prepotente della lirica.
“Frequenze”, scritta dai due FORI Albert Stray e Ariel Palmer e in parte anche da Naomis, è a tutti gli effetti una canzone dell’estate, ne ha il sapore scanzonato, nonché i riferimenti espliciti al mare, in particolare a quello della Liguria. La canzone parla a tutti, ma in particolare a una generazione, quella di cui faccio parte anch’io, per cui estate significava villeggiatura tra riviera di levante e ponente, un mare striminzito che era La vacanza per eccellenza.
Il testo però non si ferma qui, infatti, come tutti quelli che preferisco, sotto a una patina di semplicità, nasconde pensieri profondi (e anche un po’ tetri, perché no?) sulla vita e sul mondo che ci circonda. Quindi se scaviamo giusto un po’, ciò che troviamo è il buio, appena al di sotto di un ritmo orecchiabile, da riprodurre davanti a un falò in spiaggia, magari lasciandosi trascinare solo dalle parole, senza badare al loro contenuto.
Entriamo nello specifico. Il testo si apre con una ripetizione insistita, potremmo definirla un’anafora assoluta: “Sono solo frequenze | Sono solo frequenze | Sono solo frequenze | Sono solo frequenze”. Kandinskij diceva che le parole, ripetute fino allo sfinimento, perdono il loro significato connotativo e valgono come mere scatole di suono. Qui la ripetizione, mischiata al concetto espresso, rende l’attacco una bomba: le parole sono espresse non solo in quanto scatole suono, ma ulteriormente ridotte alla sostanza di cui è fatto il suono stesso, ossia le frequenze (se la conoscenza della fisica mi assiste).
“E se mi prendi e se mi lasci | che differenza c’è | e se mi odi e se mi ami | che differenza c’è | che differenza c’è”
La prima strofa si compone di una coppia di antesi “prendi/lasci”, “odi/ami” che costituiscono il caposaldo di tutte le storie d’amore: da Catullo in poi va così, la sostanza del sentimento amoroso è il dissidio, ma una geminatio (si chiama così nel gergo, non me ne vogliate) ribalta tutto, “che differenza c’è” si ripete due volte di fila e disinnesca l’antitesi: cosa ci rimane se niente fa più la differenza?
La risposta arriva nel bridge successivo: “Oh | ritmo ballerino | oh | fammi sentire vivo.” Se non possiamo affidare la nostra felicità a nulla di concreto, allora non ci resta che il ritmo che qui è personificato, perché dotato della capacità, prettamente umana, di danzare.
Il gioco del significante che copre il significato è poi reso esplicito dal primo ritornello, quello in cui Naomis canta: “E dimmi quello che vuoi | e dammi quello che vuoi | le parole sono solo frequenze | e guardami come ti pare | di’ quello che vuoi di me | le emozioni sono solo frequenze”
“Dimmi” e “dammi” sono due verbi molto saldi, portatori di grande significato, lo stesso che di nuovo si frantumerà nei versi successivi: “le parole sono solo frequenze” e poi addirittura lo stesso trattamento sarà riservato alle emozioni.

Ok, è arrivato il momento di sfoggiare le mie conoscenze sulla fisica. La frequenza è un modo per esprimere quante volte un evento si ripete in un tot di tempo. Nella mia testa mi figuro questo concetto come un’ondina, che è la stessa che si rappresenta nei grafici e ha lo scopo di classificare, tra le altre cose, i suoni. In questo senso la frequenza consiste nel numero di cicli della forma d’onda che si ripete ogni secondo. Avete capito? Manco io, non vi preoccupate, ma il succo è che a volte è consolante pensare di poter sfrondare parole ed emozioni di tutto ciò che è inutile, per ridurle solo a onde, solo così nulla ci può ferire.
Non a caso poco dopo, nella canzone, arriva: “Dammi le onde le onde | dammi le acque profonde | come la marea | tutto viene e va | e va.” Le onde qui evocate sono utilizzate in tutto il loro significato polisemico. “Polisemia” suona male, ma è una solo una figura retorica: l’autore gioca sui molteplici significati di una parola, per evocare, nella sintesi speciale che è propria della poesia, infiniti mondi. Qui nello specifico abbiamo le onde espresse in hertz, ma anche quelle del mare di un’estate lontana, di una canzone odierna sul cui ritmo potremmo piangere, così come sgambettare durante una lezione di acquagym.
Le onde però costituiscono anche metafora facile da intuire, insieme alle “acque profonde”, infatti, rappresentano gli ostacoli che tutti siamo chiamati ad affrontare nella vita, ma, anche in questo caso, esiste una possibile salvezza, ossia “la marea”: è inutile che ci preoccupiamo troppo, gli alti e i bassi ci saranno sempre, ma alla fine tutto passa, “tutto viene e va” e forse vivere ogni ostacolo con questo spirito può aiutarci ad affrontarlo meglio.
Il testo poi continua con altre combinazioni interessanti, come la rima “scissione dell’io”/“aiutami Dio”. Ok far rimare io/Dio va di moda da quando il Romanticismo ha posato le sue lunghe zampe sui poeti, in questo caso però l’io non è una celebrazione tronfia di sé, semmai il contrario, l’io è appunto diviso tra tutte le contraddizioni di cui abbiamo parlato finora.
Ad un certo punto, una voce, dall’oltretomba o forse da un film porno, chi può dirlo, rivela: “A Rapallo l’acqua è molto sporca, come me”. Che il Comune di Rapallo non se la prenda, la frase fa sempre parte del gruppo dei ricordi estivi e il gioco malizioso è irresistibile, perché in effetti, se sei in vacanza a Rapallo, il bagno lo vai a fare nei paesi limitrofi, tra cui Santa Margherita (altra località citata nella canzone).
Prima del finale, abbiamo due strofe di enumerazioni: elenchi nominali, come luci che si accendono e si spengono a intermittenza, ve ne cito una: “Le parole | le emozioni | le conquiste | le gelosie | gli imbarazzi | le fototessere | significante | gli addominali”. Ogni parola è di per sé evocativa, ma, giustapposta alle altre, genera un ulteriore significato, più grande forse. Il mio preferito? Ma che ve lo dico a fare? “il significante” seguito da “addominali” che, non so voi, ma sono entrambi tra i più grandi crucci della mia esistenza, così come la tendenza a mescolare continuamente alto e basso.
Va be’ vi dico anche questa, nell’enumerazione successiva abbiamo in rima “religioni / erezioni / ombrelloni”, cosa che mi fa impazzire, perché in sole tre mosse si evoca tutto ciò che è estate e abisso in ciascun individuo.
Prima di congedarsi con l’ultimo ritornello, i FORI IMPERIALI ci lanciano ancora sasso che in realtà parla della canzone stessa: “No non è nichilismo ma | è la realtà |no non è nichilismo | (beh un po’ sì però, dai!) | no non è nichilismo.”
A parte il fatto che, chi mi conosce, sa della mia passione per i termini assolutamente impoetici inseriti con nonchalance in una poesia: ma a chi viene in mente, non solo di utilizzare la parola “nichilismo” per una canzone, ma addirittura di ripeterla tre volte? Be’, ora che un po’ li conosciamo, possiamo dire che è proprio una roba da FORI. Al di là della scelta lessicale però, vi dirò che mi piace molto questa chiusa, perché lascia all’ascoltatore l’ennesima riflessione. L’atteggiamento che prima ho lodato, ossia quello di non farsi scalfire dai problemi della vita e accoglierli per quello che sono: rumori, frequenze, “quello che mi succede non mi riguarda”, forse questo, in fin dei conti è un modo di fare un po’ nichilista. Ma in realtà, mi viene in mente che, e se anche fosse? ‘Sti cazzi. Se il nichilismo è una cura per l’anima, allora ben venga e vengano pure anche le onde, le acque profonde e il mare inquinato di Rapallo, chi ti ama e chi non ti ama più, perché tanto… sono solo frequenze.
In coda vi lascio il link del videoclip della canzone, in cui, spoiler, c’è anche la vostra popprof:

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