Di Orlando, oltre a quello di Virginia Woolf, pare che ne esista uno soltanto. No, non Orlando Bloom, mi riferisco a quello cantato da Ariosto. Lui sì che è famoso, perché cosa c’è di più vicino a noi di un cavaliere che molla tutto perché troppo innamorato e furioso per stare dietro ai suoi ideali?
L’altro giorno, a proposito, ho avuto a che fare con una studentessa piangente per qualche cruccio amoroso che ha preferito rinunciare alla verifica di storia (e prendere di conseguenza due), piuttosto che mandare giù le lacrime e scrivere almeno qualche riga.
Orlando, così come la mia alunna, sono estremamente umani e ci piacciono perché ci ricordano che ciascuno ha una scala di valori spesso totalmente irrazionale.
Il Furioso però non è il primo Orlando della storia e, se Ariosto con lui ha sbancato, è solo perché proprio lì dietro c’è un antecedente altrettanto illustre, ma più retto, con cui fare un confronto.
Oggi, appunto, vi racconterò la storia dell’Altro Orlando.
Nel medioevo lo chiamavano Roland, o Rolando, per gli amici, ed era un tipo dritto perché, nelle storie che lo vedono protagonista, è la prima volta che si prova a fare letteratura in una lingua che non sia il latino.
Si tratta di una scelta di rottura perché, anche se le lingue volgari stanno emergendo almeno dal 476 d.C. (se non prima), i lettori sono scettici: insomma, se fino ad ora si è scritto solo in latino, un motivo ci sarà pure, no?
Eppure alcuni francesi ci provano e non faccio nomi perché degli autori della cosiddetta epica medievale non si sa nulla: l’unica certezza è che hanno aperto le danze.
Scegliere il genere epico, diciamocelo, è una grande idea, perché è autorevole, ma che dico, è il più alto di tutti da quando si scrive, dunque è un buon modo per dare lustro a una lingua che di illustre non aveva proprio un bel niente. Volgare = parlato dal vulgus, cioè dal popolo, quindi niente di entusiasmante per definizione.
La lingua prescelta è quella d’oil, parlata nel nord della Francia, un po’ la bisnonna dell’attuale francese, e la materia narrata sono le guerre di Carlo Magno per la liberazione della penisola iberica dai musulmani.
Siamo nell’XI secolo e Carlo Magno è morto e sepolto da pezzo. Dunque perché riesumarlo? Perché lui era l’imperatore del Sacro Romano Impero, quello che nasce dalle ceneri del vecchio impero romano e che, in un certo senso, ne raccoglie l’eredità. Carlo Magno era il difensore per eccellenza della cristianità e scrivere di lui a secoli di distanza significa fare propaganda.
Nel 1000 infatti iniziano le famose Crociate, le guerre dei soldati cristiani per riprendere la Terrasanta. Poemi su questa materia sono una buona pubblicità per una guerra che, nei veri intenti, non ha proprio nulla di santo.
E allora let’s go! Non fatevi l’idea sbagliata, Carlo Magno non è il protagonista di questa Canzone di gesta (così si chiamano le opere nate nell’ambito), ma lo è appunto Roland, o Orlando per Ariosto.
Orlando è il paladino più forte di Carlo, il più serio, il più fedele. Non a caso è proprio sui rapporti di fiducia che si fonda tutta l’architettura del potere nel medioevo.
Uno degli episodi più famosi che possediamo di questa saga, è quello della morte di Orlando a Roncisvalle.
Con ordine.
Siamo nel 778. L’esercito di Carlo Magno ha vinto innumerevoli volte in Spagna. Stanno tornando a casa stanchi e disfatti, attraversando i maledetti Pirenei, quando, nella gola di Roncisvalle, un’imboscata fa a pezzi la retroguardia di Carlo. Episodio storicamente reale, irrilevante per lo più, a volte manco lo trovi sui libri di scuola.

Qui però, l’anonimo, di cui prima vi parlavo, riesce a mitizzare l’avvenimento raccontando la resistenza di un piccolo gruppo di soldati che si sacrifica per il bene di tutto l’esercito francese: un esempio, un’impresa da veri eroi.
È proprio Orlando che sta guidando questa parte dell’esercito ed è sempre a lui che spetta un’eredità quasi divina. Il racconto epico ci dice che l’eroe potrebbe tranquillamente chiamare aiuto, infatti possiede un corno magico che, ovunque sia suonato, farà accorrere Carlo Magno in persona. Decide di non suonarlo però, perché non vuole mettere in pericolo il resto dell’esercito.
E allora combatte valorosamente e ha con sé la sua Durlindana, che è una spada che gli viene consegnata direttamente dal cielo, ed è un grande, fa fuori venti saraceni per volta.
“È la battaglia prodigiosa e tremenda. | Vi dan gran colpi Orlando ed Oliviero, | e l’arcivescovo più di mille ne avventa, | e certo i dodici Pari non perdon tempo, | ed i Francesi colpiscono tutti insieme. | A cento e a mille sono i pagani spenti, | e chi non fugge, non ha chi lo protegga”
Ovviamente il pezzo è in traduzione, perché già io non so il francese, figuriamoci il francese dell’XI secolo, ma è una battaglia pazzesca comunque e i francesi, ovviamente, sono superfichi (e per forza queste lasse sono scritte da un francese!). Alla fine di questa dura battaglia, però, per quanto coraggioso e competente, Orlando ci lascia le penne. E mentre lui muore, assistiamo a un casino pazzesco, non sui Pirenei, ma nella sua terra natale.
“In Francia scoppia una gran tempesta: | un uragano c’è di tuono e di vento, | di pioggia e grandine che senza fine scende: | cadon le folgori ininterrottamente, | c’è il terremoto: questo accade davvero.”
Sono i segni dell’apocalisse e i francesi guardano il cielo e non capiscono che succeda, ma hanno paura, sta morendo il più grande, un campione di cristianità e di coraggio.
Alcuni dicono che, tramite questa morte, il nostro eroe venga quasi divinizzato. Un po’ come Gesù Cristo quando esala l’ultimo respiro là sulla croce.
“A mezzogiorno vi son grandi tenebre: | non v’è chiarore, se il cielo non si fende. | Nessuno assiste senza averne spavento. | Dicono i più: Certo la fine è questa | certo del mondo venuto è ora il termine!”
Orlando l’eroe, Orlando il santo, come il figlio di Dio è salutato da un’eclissi solare e da altri fenomeni inspiegabili.
“Essi non sanno, né dicon proprio il vero, | ché questo è il lutto perché Orlando si spegne.”
Sia ben chiaro, amo il Furioso e come Ariosto lo renda pazzo, buffo, ridicolo, ma per capire meglio la versione di Ludovico, che è decisamente la più famosa, bisogna conoscere anche l’altro Orlando.

Lascia un commento