Amici dello Stilnovo

Dante Alighieri è il padre della nostra lingua.

Ha scritto un poema indimenticabile e l’ha chiamato soltanto “Commedia” perché inizia male e finisce bene. È stato Boccaccio, dopo, che l’ha definita “divina” e tutti da allora la chiamiamo così, “Divina Commedia”.

Lui è il pezzo grosso della letteratura italiana.

Dante era tutto Dio, spirito e polisemia.

Dante forse addirittura pensava in terzine.

Dante non amava come noi comuni mortali, ma amava di un amore elevato, di quelli che ti avvicinano agli angeli.

Era un politico serio che è stato in esilio tutta la vita a causa delle sue idee.

Tutto vero, per carità, ma lui era anche un giovane a cui piaceva fare il cretino con gli amici, come a tutti noi.

Ok, erano altri tempi e dobbiamo sempre contestualizzare, però lui aveva due amici fondamentali, Guido Cavalcanti e Lapo Gianni. Il primo poeta, il secondo notaio, ma sempre con la passione per la poesia. Erano il genere di amici a cui puoi parlare senza filtro, quelli che puoi chiamare alle tre di notte dicendo: “ho fatto una cazzata, raggiungimi e porta una pala” e loro non ti fanno domande.

Questi tre, in realtà, condividevano più di qualche notte in bianco, ma avevano in comune un certo ideale di amore e di scrittura. Non a caso, insieme a Guinizelli e a Cino da Pistoia danno vita a una specie di cerchia letteraria, formalizzando quello che passerà alla storia come il Dolce Stil Novo.

Si tratta di un nuovo modo di scrivere e di intendere l’amore. Anzi, è proprio in questo contesto che Dante comincia a elaborare alcune idee che poi teorizzerà nella “Vita Nova” o nella “Commedia” stessa.

Questi scrittori credevano che la donna amata fosse una specie di bomba che ti sconvolge la vita, una rivelazione, un po’ divina, salvifica, così tanto che anche solo il suo saluto dona salvezza.

Ok, già l’amor cortese aveva già dato il suo contributo alla causa, ma qui assistiamo a una vera e propria rivoluzione, perché questi poeti sono molto più raffinati e credono che l’amore per queste donne renderà anche loro delle persone migliori. E stiamo parlando di un’epoca in cui le donne avevano giusto il compito di fare una decina di figli ciascuna e, se non morivano di parto, si occupavano della famiglia, lavoravano nei campi e magari venivano pure bruciate sul rogo.

Una rivoluzione che parte da un pugno di ragazzetti scemi.

Questa è una di quelle cose che ti lega con il doppio nodo, che fa sì che la tua amicizia sia eterna.

Dante ha circa venticinque anni e per i suoi amici scrive un sonetto che fa così:

Guido, i’ vorrei che tu e Lapo ed io/ fossimo presi per incantamento, /e messi in un vasel ch’ad ogni vento/ per mare andasse al voler vostro e mio,

Un sogno ad occhi aperti, un inno alla leggerezza. Proprio lui, da nominare con reverenza e con il capo chino, si augura un incantesimo, un trip: lui e i suoi migliori amici in mezzo al mare, su una barca magica, a sparare le loro teorie strane sull’amore e sulle donne.

Si tratta di un motivo codificato, certo, un plazer medievale, ossia un componimento in cui si elencano una serie di cose belle da augurare a chi vuoi bene: “Voglio stare svaccato su una barca e parlare dei fatti nostri che solo noi capiamo e stare tra di noi”, un po’ come quei cinque di Liverpool, un sacco di secoli dopo, che volevano solo vivere in un sottomarino giallo.

L’ultima volta in cui ho letto questo sonetto in classe, ho chiesto ai miei alunni se secondo loro l’amicizia possa essere una specie di amore.

J., bestione quindicenne, fiero almeno quanto Dante, mi risponde che l’amicizia è anche di più, che a un amico puoi dire tutto, mentre alla tua ragazza no e lui per il suo compagno F. prova un sentimento che è anche più grande del più grande amore ed è la cosa più importante che ha, anche a costo di sembrare dell’altra sponda, così dice.

F., calciatore narciso, presente in aula, conferma, anche se si affretta a precisare che loro non sono dell’altra sponda.

Questa però resta comunque un’affermazione forte, non solo per il contenuto, ma soprattutto per il contesto. Alludere a un’amicizia omoerotica in classe, seppur macia, alla Achille e Patroclo per intenderci, è una roba grossa, perché, anche se le nuove generazioni sono totalmente cambiate, a volte, alle scuole superiori, essere gay o alludere a questa possibilità, ti può creare diversi guai.

Ma il punto è che J. e F. fondamentalmente hanno detto la stessa cosa che Dante diceva nel XIII secolo. Che gli amici sono ciò che di più importante puoi avere e che, anche quando sei giovane, i veri amici come Lapo e Guido sono pochi. Per forza, non esistono molte persone al mondo con cui vorresti essere una barca in mezzo al mare senza annoiarti a morte, così come sono pochi quelli con cui puoi condividere non solo i segreti, ma le cose importanti, gli ideali.

“e quivi ragionar sempre d’amore, /e ciascuna di lor fosse contenta, /sì come i’ credo che saremmo noi.”

Rispondi

Inserisci i tuoi dati qui sotto o clicca su un’icona per effettuare l’accesso:

Logo di WordPress.com

Stai commentando usando il tuo account WordPress.com. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto Twitter

Stai commentando usando il tuo account Twitter. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto di Facebook

Stai commentando usando il tuo account Facebook. Chiudi sessione /  Modifica )

Connessione a %s…

Blog su WordPress.com.

%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: