Parlo a lei, generale V., lei che ha scritto un libro disumano. E le scrivo non perché meriti ulteriore attenzione, ma perché questo libro ora in Italia è tra i primi in classifica, nonostante sia un agglomerato di castronerie omofobe, sessiste, negazioniste e razziste.
E no, ok, non l’ho letto, perché non voglio darle neanche un euro, mi capirà, ma sappia che mi sono informata comunque e, tra le notizie abominevoli in cui mi sono imbattuta, c’è qualcosa che ha suscitato la mia attenzione da prof pop.
A un certo punto, egregio generale, lei dice che Paola Egonu, pallavolista intelligente, uno dei pochi vanti dell’Italia, ha dei tratti somatici che non rappresentano l’italianità, nonostante sia italiana di fatto.
Ma che vuol dire allora essere italiani? Lo chiedo proprio a lei, generale, dato che poco dopo cita un elenco di personaggi illustri (tutti maschi, tra l’altro), il cui sangue, dice, scorre fieramente nelle sue vene.
Tra questi c’è anche Enea.
Mi dispiace contraddirla, signor V., Enea, sì, fonda Roma, ma di fatto era uno straniero, se proprio vogliamo metterla nei suoi termini.
Partiamo dal principio.
È la fine primo secolo a.C., al potere c’è un uomo illuminato, che è Augusto, che crea un impero senza che i romani se ne accorgano. Oltre a occuparsi della politica, lui si preoccupa anche di altri settori. In particolare è un grande estimatore dell’arte. Fonda un circolo letterario e chiede al migliore dei suoi scrittori, che è Virgilio, di buttare giù un poema che esalti Roma e il suo nuovo capo di stato.
Virgilio si prende male, perché è un compito complicato. Perciò scrive e scrive e manco lo finisce, la sua “Eneide” non lo convinceva. Per questa ragione il poema viene pubblicato postumo, ma nessuno, neanche Augusto, batte ciglio sul personaggio di Enea.
Virgilio fa quello che i grandi prima di lui gli hanno insegnato: pesca dalla tradizione e crea una specie di spin-off dell’Iliade.
Questa volta guardiamo il mondo, non dalla parte dei Greci, ma da quella dei Troiani.
Egregio generale: Enea è un troiano, proveniente dall’Asia minore (se ha bisogno di una mano con la geografia), dunque me lo aspetto un poco abbronzato, per lo meno. Giove in persona gli dà un compito, quello di fondare una città nel Lazio. E Augusto, che era il più romano di tutti, è fiero di questa cosa. Perché non gli importa l’etnia di chi fonderà la sua città, gli basta sapere che Roma è voluta dagli dei, che Enea è mezzo divino a sua volta, perché figlio di Venere, e che il figlio di Enea, Iulo Ascanio, sarà capostipite della gens Giulia, di cui lui stesso fa parte.
dei 1 – razzisti 0.
Enea non è solo divino, poi, ma è anche pius. No, non pio in senso cristiano e non è neanche Padre Pio, non ha le stigmate. “Pio” significa devoto. È uno che ha dei valori, come ad esempio il sacro, la famiglia… non a caso, persa la moglie, lo vediamo in scena che scappa da Troia in fiamme con suo padre sulle spalle e suo figlio per mano.
Non è una cosa da tutti. Lui è benedetto dagli dei, ma è anche coraggioso, obbediente.

Quindi ricapitoliamo: la sua città è bruciata, è rimasto vedovo, con figlio e padre a carico, è costretto a scappare, dunque la sua unica opzione resta il mare. Sì, si imbarca come tanti disperati odierni che fuggono da una guerra in cerca di una terra migliore. E sbarca… indovini un po’? Sì, in Sicilia. Le ricorda una situazione analoga, signor generale?
Comunque, in Sicilia muore anche suo padre. Poi, in nord Africa c’è quella brutta vicenda con Didone, che tutti sappiamo. Vive altre peripezie in viaggio, come la morte del suo timoniere Palinuro, sopraffatto da sonno di Morfeo, una visita all’oltretomba a Cuma. E poi finalmente sbarca alla foce del Tevere, dove dovrà combattere con le popolazioni locali, per compiere la missione voluta dagli dei.
Enea è un uomo esemplare, caro V., perché è onesto, giusto e clemente, addirittura nel duello finale vorrebbe risparmiare il suo arcinemico Turno e, solo quando gli vede indosso la cintura di Pallante (compagno ucciso precedentemente da Turno), decide di sferrare il colpo finale. Enea, pur essendo ispirato agli eroi della tradizione greca, non ha i loro difetti, non viaggia per mera curiosità, ma perché è costretto, non va a cercare guerre, perché a lui le guerre sono capitate tra i piedi.
Lei ha tutte queste qualità, generale? Le auguro di sì.
Però sappia che, se nelle sue vene scorre il sangue di Enea, quello è il sangue di un migrante che si sottomette agli dei e al fato pur di avere salva la vita.
Enea era uno straniero, mi dispiace dirglielo, siamo tutti stranieri e, in alcuni casi, anche figli di Troia.

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