DANTE AMA BEATRICE.
Questo è chiaro. Potremmo addirittura scriverlo sui muri, in tutti i cessi degli autogrill della Toscana. Ma non è necessario, perché il sommo ha già prodotto almeno un’opera che rende evidente questa affermazione.
Siamo più o meno tra il 1292 e il 1294 e Dante è un giovane filosofo di belle speranze che cerca di farsi spazio nel mondo, nella politica di Firenze e ha una voglia matta di essere qualcuno, di scrivere qualcosa di rilevante nell’esordiente genere della letteratura in lingua italiana.
Così nasce la “Vita Nova” che è un buon proposito per se stesso e un libro al contempo.
Si tratta di una specie di diario, la biografia di un innamoramento ed è un prosimetro. No, non dannatevi se non sapete cosa significa, perché questo è un genere che in effetti non ha un gran successo nella letteratura: mescola poesia e prosa.
Qui Dante racconta del suo amore per Beatrice.
Beatrice Portinari, sì, lei ha anche un cognome, esattamente come tutte quelle di cui ci innamoriamo noi prosaici del 2022, solo che il loro amore è esemplare, spirituale, per questo fatichiamo a capirlo.
Dante e Beatrice si incontrano per la prima volta che lui ha nove anni. Certo non è l’età giusta per capire chi sarà la donna della tua vita. Lui però sente già che è così e se ne rende conto non appena la vede. Colpo di fulmine. E poi il nove è un numero che porta bene, perché è tre volte tre, la trinità, il numero fortunato di Gesù Cristo, pure dentro al nome della sua amata c’è il numero 9: BeatrIX.
E lei è fantastica, è meglio di Uma Thurman in “Kill Bill”.
La seconda volta la incontra a diciotto anni (sempre multiplo di tre… coincidenze?).
“Bionda o mora?”
“Tette?”
“Culo?”
No, Dante non risponderà mai a queste domande, non perché parliamo della la classica tipa simpatica, ma niente di più, ma perché c’è qualcosa in lei che va oltre a tutto questo.
Questa volta Beatrice lo saluta.
Bomba.

Sì, questo saluto sarà il massimo che lui riceverà da lei, però non cominciate a protestare, non si tratta di un “ciao” distratto e basta. Questo saluto deriva dalla parola latina “salus” che significa “salute”.
È l’apice, è la parata di Donnarumma alla finale degli Europei 2021, sono i Maneskin che vincono l’Eurovision, la pandemia e la guerra che finiscono in un colpo solo: questa è l’ampiezza di un saluto del genere, perché porta salute, ossia salvezza, felicità. Cosa può valere più di questo? Più della felicità massima, assoluta?
Infatti ora Dante è cotto perso.
Così tanto che, come accade spesso quando si è felici, ha paura che un ostacolo porti via questa felicità.
Un po’ è lo schema dell’amor cortese, un po’ è che, quando siamo innamorati, siamo tutti deficienti: Dante vuole tenere per sé il nome della donna amata. Quindi, siccome è un grande poeta, ma è anche scemo, per non essere sgamato, finge di amare altre donne. Le donne dello schermo.
Così a Firenze non si parlerà male di lui e del suo vero amore.
Solo che, oltre a ingannare i paparazzi, anche Beatrice crede che lui sia un farfallone. Si risente e da quel momento gli nega il saluto.
Dante va fuori di testa.
Ecco, è successo, qualcosa gli ha portato via la felicità e quel qualcosa è stato proprio lui.
Deve accettarlo e non può ingoiare nemmeno un boccettino di Lexotan. Così, lui che è uomo di filosofia, ci riflette su. E capisce che l’amore non deve essere per forza ricambiato, ma può essere fine a stesso. Che è più o meno la stronzata che si raccontano i masochisti cronici, ma Dante sta davvero meglio scrivendo poesie e lodando in tutti i modi possibili la donna che lui ama.
“Tanto gentile e tanto onesta pare/ la donna mia quand’ella altrui saluta”
Del saluto abbiamo già parlato, ma qui, prima di tutto, c’è il verbo “pare” che non significa “sembrare”, ma “apparire”.
Beatrice appare come i fantasmi, come Patrick Swayze in “Ghost”, come la Madonna. E in quel verbo ci sono già tutti i termini della lode. Una lode sincera e innamorata.
Dante non dice “la mia donna” ma “la donna mia”. Posporre l’aggettivo significa non puntare l’attenzione sul possesso, ma su Beatrice stessa. La grammatica non mente ed esprime le vere intenzioni del parlante o dello scrivente. E in un’epoca di patriarcato come il Medioevo la grammatica di Dante ci dice che lei prima di tutto è una donna e poi, eventualmente, è anche la sua.
Dante è un grande, no?
A questo punto forse lui se ne sarebbe fatto anche una ragione, se non fosse che Beatrice, improvvisamente, muore e ha solo 24 anni. Ed è subito “Colpa delle stelle” o “Bianca come il latte rossa come il sangue”, se vogliamo restare in ambito italiano: un ragazzino che ha a che fare con la morte di una sua coetanea, molto amata, per giunta.
Si tratta di uno di quegli eventi che idealmente ti può ammazzare, Dante però non è un ragazzo come tutti gli altri, lui è uno straordinario.
Si dispera, certo. Ma poi capisce che la presenza di Beatrice nella sua vita, in qualsiasi modo ci sia stata, rappresenta già un miracolo di per sé, un rinnovamento spirituale, l’inizio giusto per una Vita Nuova, appunto. E così questo amore straordinario, che supera la dimensione terrena e giunge fino al cielo, lo spazio, i pianeti, le tanto amate stelle del nostro poeta, ora diventa l’unica maniera per arrivare a Dio.
E non c’è niente di più importante per un uomo del Medioevo.
Dante ha visto la Madonna.
Beatrice è una santa, martire forse, quale donna può dirsi cantata in questa maniera?
L’esperienza di Dante, da personale, diventa universale, dedicata all’amico Guido (Cavalcanti) che ha una visione molto più violenta dell’amore, ma anche a tutta l’umanità. Perché, da sempre, gli scrittori, quelli bravi almeno, fanno la stessa cosa, offrono ai loro lettori la consolazione che loro stessi hanno trovato nella letteratura.
E questo procedimento, dal piccolo al grande, è lo stesso che troveremo anche nella “Commedia”, la sua opera per eccellenza. E, proprio là, rivedremo anche Beatrice, in Paradiso.
Solo che Dante al momento non lo sa ancora. Dunque conclude qui con una specie di profezia: dice che dovrà studiare per trovare le parole adatte a descrivere una creatura così elevata come la sua amata.
E voi ce l’avete una Beatrice così a cui dedicare parole mai messe insieme da nessun essere umano?
Avete mai visto la Madonna?
Smettiamola di sminuirlo, di dire “tutto sto casino per una che a malapena l’ha salutato” e auguriamoci anche noi, uno di questi giorni, di incontrare la nostra Beatrice.
Rispondi