Salire sull’ottovolante (in sospensione)

Voi ci siete mai saliti sull’ottovolante?

Avete mai provato quella stretta allo stomaco? Paura e scarica di endorfine gratis?

Io sì, anche se non sono mai stata particolarmente coraggiosa con le giostre.

Il mio prof di grammatica all’università diceva che noi non facciamo lettere per i soldi o per avere un lavoro sicuro (anche perché non ci sarebbero ragioni per pensarlo). Noi facciamo lettere per salire sull’ottovolante.

Io ci monto sopra ogni volta che parlo di grammatica, anche se spesso trovo sguardi sorpresi e accigliati davanti a questa affermazione.

La grammatica però è davvero spettacolare. Fidatevi. Ha il rigore della matematica e di Marie Kondo, ogni cosa ha il suo posto, ma al tempo stesso anche la variabilità delle discipline umanistiche e dell’arte.

Di fatto la grammatica ci serve per comprendere gli autori, i testi, ma soprattutto per capire chi ci parla.

“Stasera mangiamo, Gianni?”

“Stasera mangiamo Gianni?”

Azione di cannibalismo o invito a cena? Sarà solo una virgola a decretarlo.

“Lei suona il piano e lui la tromba”

Concerto o porno amatoriale?

Potrei andare avanti così all’infinito.

Per questo vorrei cominciare, in questa rubrica super pop, a parlare anche di grammatica, ma lo farei a modo mio.

Non scaldiamoci subito, per carità, perché quello che dirò sarà ovviamente opinabile. Del resto il bello della grammatica è proprio questo. 2+2 può anche fare cinque in questo mondo, basta possedere una motivazione valida e saperla spiegare.

Dunque qualsiasi lamentela sarà accettata con un sorriso e con la stessa liberalità con cui guardo chi crede in Dio e chi no.

Ma proprio a proposito di matematica, parliamo di qualcosa che le due discipline hanno in comune: i punti.

Non quelli collegati da una retta, ma i punti di sospensione.

Ecco, convenzionalmente sono tre e non due o diciotto, per quanto sospeso in effetti sia il messaggio da comunicare. Soprattutto, però, servono unicamente per uno scopo: omettere o sottintendere qualcosa.

“Ciao……… come stai’” à messaggio standard dell’ex che maschera il suo imbarazzo in quello sciame di segni grafici.

In realtà lì ci starebbe bene una virgola, ma la sospensione crea spazio, spazio nel quale tu, cornuto e mollato, puoi immaginarti qualsiasi cosa, anche l’inferno. Vorrà restituirti la tua felpa? Ha un nuovo amore? Ti ha messo sotto il gatto? No, niente di tutto questo, è solo un pessimo uso della punteggiatura.

“Non so se già lo sai… ma è morto il nonno di Pino…….”

Non c’è una reale omissione, la notizia peggiore è esplicita nel contenuto, c’è solo fastidio, al massimo incapacità di annunciare novelle poco liete. Ma i punti di sospensione non le rendono certo più allegre.

Non siate mai intransigenti, però, e rifuggite la tentazione di rispondere a un messaggio simile con una frase tipo: “Mi dispiace per il nonno di Pino, ma tu resti una stronza.”

Del resto i puntini di sospensione sono come gli avvertimenti sul tabacco, troppi probabilmente uccidono, ma se esistono un motivo ci sarà pure. 

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