La crisi

“Crisi” è una parola bellissima.

Deriva dal verbo greco “KRINO” che significa separare, ma anche giudicare. Solo con il tempo e con l’uso questa parola ha assunto l’accezione negativa che conosciamo oggi.

Negativa fino a un certo punto perché, se guardiamo i fatti, i momenti di crisi sono anche quelli più prolifici, che riservano più sorprese.

Catullo, mentre la Repubblica romana era dilaniata da guerre civili e ci si faceva fuori anche per un misero consolato, scrive le poesie d’amore più belle della storia.

Il medioevo, conosciuto dai più con l’espressione “secoli bui”, ci sforna niente popò di meno che la tripletta Boccaccio, Petrarca e Dante, mica tre nomi a caso.

Nel ‘600 la gente perde proprio le coordinate, il mondo cambia forma e l’uomo si accorge di essere solo un puntino nell’immensità dell’universo. Sono notizie che destabilizzano e infatti la Controriforma arriva a bruciare miscredenti e libri. In questo caos nasce la letteratura Barocca che è sintomo della crisi e per questo viene miscagata a lungo, ma ora è patrimonio inestimabile della nostra letteratura.

Nel ‘900 peggio che andar di notte: diciamo che due guerre mondiali, una di fila all’altra, non hanno aiutato e poi mettiamoci pure i problemi con l’identità e il ruolo stesso della poesia che non sembra valere più niente in un’epoca che cambia così in fretta. Eppure il ‘900 ci sputa fuori Pirandello, Svevo, Ungaretti, Montale, accidenti!

I poeti epici si affidavano alla Musa ispiratrice per non andare in crisi e non lasciare dunque la pagina in bianco. E poi hanno dato alla luce Iliade, Odissea e pure Eneide.

La crisi la sto vivendo anch’io. E non so se dopo verrà qualcosa di buono.

A me purtroppo capita spesso, anche se non è nera come la guerra, o almeno non dovrebbe esserlo.

Mi dispiace non aver scritto per un po’.

Qualcuno una volta ha detto che la poesia ti salva la vita.

Non sempre è vero.

Il mio prof di letteratura italiana all’università non era d’accordo, perché sosteneva che le SS, mentre facevano le peggio cose nei campi di concentramento, leggevano Goethe. La lettura non li ha ingentiliti, anzi.

Quindi, per farsi salvare, bisogna essere predisposti.

Non so se sono d’accordo.

La letteratura in generale può fare molto, per questo ve ne parlo in continuazione. Ma il più devi farlo da solo.

E se non hai quell’intenzione è proprio difficile farsi salvare, perfino dal più potente degli scudi.

In questo periodo non ho scritto perché non ero pronta a farmi salvare.

Nemmeno ora lo sono.

Scrivere però può essere forse il primo passo per tendere quella mano.

Chiedo alla Musa. Penso al Rinascimento. Ritorno a scrivere.

Dalle crisi nascono le opere più belle.

Ritorna la prof più pop di tutte, o almeno quel che ne rimane.

2 risposte a “La crisi”

  1. Di tutti i motivi per cui si scrive, quello più sensato che ho trovato, e più utile, è il cercare di scappare da sé stessi. Almeno per un momento.

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