La guerra dei congiuntivi

Ci sono argomenti su cui gli italiani si scannano.

Come la pizza, ad esempio, che deve essere regolarmente sprovvista di ananas, la pasta che non si può lasciar bollire a fuoco spento e poi anche il calcio e infine il congiuntivo.

Il congiuntivo, sì, proprio lui.

Questo modo verbale non è una prerogativa solo della lingua del sì, ma gli italiani sono particolarmente bravi a farci delle questioni su.

La nostra penisola infatti si divide in maniera quasi equa tra quelli che lo difendono a spada tratta e quelli che lo sostituiscono con l’indicativo o, peggio, con il condizionale, senza sentirsi in colpa.

Il primo gruppo di solito viene etichettato come arrogante, pretenzioso, il secondo come ignorante e alla fine si litiga e basta.

Non sono dalla parte di chi corregge i congiuntivi alla gente che ti parla insieme. Durante un discorso complicato, io non li raddrizzo neanche agli alunni. Perché in effetti, è vero, in molte occasioni linguistiche, l’indicativo è molto più agile.

“Se l’avessi saputo non sarei mai venuto”, è una frase complicata che ci rende antipatici alle orecchie degli interlocutori.

Molto più economica la versione: “Se lo sapevo non venivo” che miete congiuntivo e condizionale in un colpo solo.

Ma parlare in modo corretto non è un merito, perché non esiste un modo esatto in senso assoluto.

C’è un signore a cui voglio molto bene: si chiama Melchiorre Cesarotti ed è un grande linguista settecentesco, diceva che la lingua la fanno i parlanti.

Il che significa che la linguistica, la grammatica, i grandi saggi redattori di dizionari devono arrendersi al fatto che la lingua è una questione d’uso, non di regole ferree.

Dunque, seguendo questo ragionamento, se il congiuntivo dovrà sparire, sparirà e basta e nemmeno ci mancherà.

E allora come capire qual è la cosa migliore da fare?

Questo è un argomento spinoso e spesso ci si mettono di mezzo i maestri delle elementari che, per non farci sbagliare la maggior parte delle volte, ci fanno scrivere sul quaderno di italiano che dopo il “che” ci va il congiuntivo, per forza.

Una regola bieca che ci fa solo del male. E dà vita a fenomeni spiacevoli come gli ipercorrettismi. Un esempio? L’uso del congiuntivo, appunto, quando non serve.

“So che tu sia scemo:”

È sbagliato, si sente. Perché, se tu sei certo di tanta imbecillità, devi usare l’indicativo.  

In realtà penso che questa sia la sola bestialità che ci viene propinata sull’argomento.

Il congiuntivo è figo perché ci offre molte opzioni: è il modo della possibilità, degli ordini, delle preghiere, della cortesia, è il modo della soggettività.

In qualche maniera il congiuntivo rappresenta la libertà nella più alta delle sue accezioni.

“So che sei scemo”

“Penso che tu sia scemo”

Nel secondo caso abbiamo delle attenuanti, non ne sono sicuro, nonostante la mia affermazione perentoria.

Il primo caso invece è una spada: l’indicativo è il modo della verità, della certezza: sono sicuro di questo giudizio che do su di te.

Siamo pronti a perdere una comoda attenuante?

È questa la vera domanda.  

Non so se questo modo verbale sparirà o meno, perché non sono una vera linguista e perché non ho la palla di cristallo.

Sono solo una prof, molto pop, per carità, che a scuola insegna il congiuntivo.

Perché conoscerlo ci dà la libertà di usufruirne o meno, di scegliere in base alla situazione linguistica, in base alla nostra personalità e a quella che abbiamo di fronte.

Non mi piace ridere di chi non lo usa. Non mi piacciono le gag in tv in cui si prende in giro questo o quell’altro personaggio pubblico perché ne ha cannato uno malamente. Perché, prima di parlare, dovremmo sapere la storia linguistica di ciascuno. Che è un po’ come il dna, l’etnia, le usanze, e quelle, per buona creanza, non si discutono.

Un buon consiglio da prof, anzi da prof pop, è quello di studiare il congiuntivo alla perfezione, per poi decidere come utilizzarlo a seconda del contesto e delle pretese dell’interlocutore.

Un conto è la resistenza, per cui non posso che parteggiare, un altro è l’ignoranza che genera mostri, non solo linguistici.

E non facciamoci su la guerra.

La guerra è cosa per chi non vuole sapere. Per tutti i curiosi, per chi vuole conoscere, la pace linguistica è la miglior cosa. 

3 risposte a “La guerra dei congiuntivi”

  1. E’ importante essere adattivi ai contesti: a me capita di interagire in ambienti diversi, e ho necessità di farmi capire e nel contempo di non farmi prendere in giro.
    La lingua è una cosa viva. Ed anche un’arma. I congiuntivi vanno usati come le medicine.

    Piace a 1 persona

  2. Decisamente pop, grande prof!

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  3. Io sono uno strenuo difensore del congiuntivo, ma “se lo sapevo, non lo facevo” secondo me andrebbe adottato nelle grammatiche: troppo comodo!

    Piace a 1 persona

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